Padre Raffaello

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Padre Raffaello Del Debole

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Castiglion Fiorentino, 22 ottobre 1934
† Duga (Etiopia), 7 agosto 2023

Missionario in Etiopia per 52 anni: essenziale, austero, evangelico

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estratto dall'articolo di fra Dino Buozzi sul messaggero cappuccino

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Oggi perdiamo un altro piccolo grande missionario.

Si tratta di padre Raffaello, missionario in Etiopia. “Il missionario eremita”, lo chiamò Egidio Picucci sulle pagine di “Continenti”, il “don Milani dell’Etiopia” e “l’apripista della missione del Dawro Konta” lo chiamammo noi su “Messaggero Cappuccino”.

Figlio di Raffaello e Cesarina Fucini, Raffaello viene ammesso in Noviziato a Cesena nel 1954, emette la professione temporanea il 2 agosto 1955 e quella perpetua il 2 agosto 1958; dopo gli studi filosofici a Lugo e quelli teologici a Bologna, viene ordinato sacerdote il 30 marzo 1963. Segue un corso di pastorale nel 1963-64. e viene poi destinato in rapida successione a Lugo (1964), Cesena, Bologna e Faenza (1965); nel 1966 lo troviamo a Comacchio e nel 1967 a Forlì, dove collabora per tre anni con fr. Agostino nell’assistenza al gruppo Scout Forlì 3 presso Santa Maria del Fiore e impara da lui l’arte della testimonianza umile, fedele e silenziosa: nasceranno con questi scout amicizie forti e inossidabili.

Raffaello fa il tetto alla chiesa di Strabatenza

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Ma la vocazione missionaria si fa sentire sempre più prepotente. Viene accolta la sua richiesta e, dopo un anno in Inghilterra (1970) per l’apprendimento della lingua, il 19 luglio 1971 parte per il Kambatta in Etiopia. Prima destinazione è Ashirà e primo incarico è quello di direttore della scuola. Ma mancano le strade e la situazione sanitaria è disastrosa. Padre Raffaello incomincia a costruire ponti, a riparare strade, ad organizzare un dispensario.

Nel 1973 passa a Timbaro come responsabile della scuola e della comunità cristiana. Timbaro diventerà “la stazione di padre Raffaello”. Prende con grande serietà l’incarico della direzione della scuola: per lui non è solo un titolo che giustifica la presenza dei missionari in Etiopia. Il direttore è severo, ma la scuola di Timbaro diventerà un modello: ne usciranno gli studenti più preparati di tutto il sud Etiopia. Inventerà il doposcuola per i più bisognosi e ospiterà in missione un gruppo di ragazzi particolarmente dotati per prepararli a prendersi la responsabilità della propria gente (un misto tra scuola di Barbiana, seminario serafico e college).

Lo stile di don Lorenzo Milani diventa lo stile di padre Raffaello

Con l’aiuto di fr. Maurizio Gentilini ripara la strada, costruisce la casa per sé e per i suoi ragazzi, e un grande magazzino per lo stoccaggio dei viveri per la gente: è qui che verrà celebrata anche la messa, prima della costruzione di una chiesa vera e propria.

Costruisce il Centro agro-catechistico “Fr. Agostino da Faenza” (fondatore del gruppo scout Forlì 3), cerca sorgenti e costruisce acquedotti per irrigazione e per acqua potabile, per la missione e per il villaggio. Memorabile resterà la collaborazione tra padre Raffaello e fr. Vittore Casalboni, che era andato ad aiutarlo: simili per molti aspetti i due, ma non per il peso, l’altezza e l’appetito (Vittore era più del doppio sotto tutti e tre gli aspetti). Dopo una lunga mattinata di duro lavoro, verso mezzogiorno fr. Vittore chiedeva a Raffaello se si andava a mangiare, e si sentiva rispondere: «Hai già fame? Potremmo mangiare un coniglio... ma sta ancora mangiando l’erba...». Saran fioretti, ma di fatto, dopo sei mesi fr. Vittore fece ritorno a Imola, piuttosto dimagrito. Che la dispensa di Timbaro desse poche speranze l’ha verificato anche il sottoscritto nelle sue visite a Timbaro.

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Nel 1990 padre Raffaello inizia la sua esplorazione della limitrofa zona del Dawro Konta.

Con alcuni ragazzi scende al grande fiume Omo e aiutandosi con pelli di capra gonfiate attraversa il fiume cercando di evitare i numerosi coccodrilli.

Terreno vergine il Dawro Konta dal punto di vista religioso e poverissimo dal punto di vista economico e sociale: era lontano dalle vie di comunicazione e dunque emarginato.

Arrivato all’altra sponda, padre Raffaello saliva ogni volta un po’ più in alto, incontrando gente, facendosi conoscere. Gettava ponti umani, sociali e religiosi che porteranno poi lui e altri nostri missionari a spostarsi dal Kambatta al Dawro Konta nel 1998. Desha, Angallà, Duga sono le tappe della progressiva pacifica penetrazione di padre Raffaello nel Dawro Konta, con costruzione di capanne, piantagione di eucalipti, preparazione di terreni per la semina, piccoli acquedotti per i villaggi, riparazione di strade, costruzione di scuole dell’alfabeto e di catechismo.

Nel 1994 si farà accompagnare dal fotografo sanmarinese Tonino Mosconi: il servizio fotografico che ne sortirà è di straordinario valore.

Fino alla morte Raffaello sarà il parroco di Duga-Angallà, anche se ufficialmente, negli ultimi anni, farà parte della fraternità di Gassa Chare.

Muore a Duga l’8 agosto 2023 e, per sua esplicita richiesta, è là sepolto accanto alla sua chiesetta, piccola e povera, ma evangelicamente grande e luminosa.


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Estratto dall'articolo del dr. Stefano Cenerini


Uno dei ragazzi seguiti in modo particolare da padre Raffaello, Tamrat, proveniente da Timbaro (Kambatta), e con lui a Duga da tredici anni, è stato anche il suo factotum: autista, manutentore, traduttore, catechista. Va immensamente ringraziato inoltre per le ultime settimane, dato che non si è quasi mai assentato dalla casa di padre Raffaello, per fornirgli almeno quel poco di assistenza che era possibile dargli.

Dal punto di vista letterario, Padre Raffaello era tutt’uno con Carducci e Pascoli: spesso al mio arrivo trovavo sul tavolo della veranda il suo libro di poesie già pronto per la lettura poetica prescelta quel giorno per me. Confesso che, non essendoci stati questi autori nei miei trascorsi scolastici, solo talvolta sono riuscito ad apprezzarli: anche perché l’orario era sempre tra l’una e le due, e il mio posto (fisso!) in veranda era contro una parete di lamiere ondulate, cosa che faceva salire non di poco la temperatura della mia schiena. Come latinista, leggeva vari autori; di preferenza aveva Publio Ovidio Nasone, di cui mi ha citato varie volte a memoria: “Tempora labuntur, tacitisque senescimus annis et fugiunt, freno non remorante, dies”. Mi stupì anni fa, mentre ero in procinto di partire per l’Italia: «Come grecista ormai valgo assai poco: portami un vocabolario per rinfrescarmi un po’». Provvedetti subito.

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Dal punto di vista teologico, abbiamo letto insieme almeno tre volte Pensiero alla morte di Paolo VI: testo che considerava di profondissima spiritualità. Aveva poi quasi sempre sul tavolo anche Settimio Cipriani, Le lettere di Paolo, Cittadella Editrice, da cui sapeva estrarne perle.

Al mio arrivo nel 2015 nella preghiera del Padre Nostro mi vietò di dire “e non indurci in tentazione”: sosteneva infatti che Dio non induce proprio niente. Quindi a Duga abbiamo sempre pregato con “e non abbandonarci alla tentazione” con anni in anticipo rispetto all’entrata in vigore in Italia del testo CEI nel 2020!

Dal punto di vista francescano, mi ha citato varie volte padre Dositeo e la sua carità verso gli orfani: penso che sia stato un modello di riferimento per lui, giovane missionario ultimo arrivato. Parlava spesso anche degli austeri cappuccini francesi.

Lo scorso anno decise di mettersi addosso un vecchissimo saio beige lasciatogli da un frate negli anni ‘70. «È proprio adatto per la mia sepoltura, che dovrete fare per terra sul lato destro dell’abside della chiesa, all’esterno».

Di padre Raffaello ci resta il ricordo di un volto pieno di rughe, delle sue poche parole simpaticamente toscaneggianti, dei suoi occhi vivi che ti scrutano di sottecchi, ma soprattutto il ricordo di una vita missionaria essenziale, austera, generosa, francescana ed evangelica.

Il gruppo Scout ASCI poi AGESCI Forlì 3 è stato attivo nella Parrocchia di Santa Maria del Fiore dal 1955 al 1974. Oggi un altro gruppo Forlì 3 opera nella Parrocchia di Santa Caterina da Siena

       

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Giglio giallo

 

 

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